Viaggio nella pittura napoletana: la Scuola di Posillipo
Di Manuela Del Balzo
Secondo Giuseppe Villari, le bellezze del clima, i paesaggi stupendi che circondano Napoli e i molti forestieri che ne richiedono sempre qualche ricordo disegnato o dipinto, avevano fatto sorgere un certo numero di artisti i quali, come per disprezzo, erano chiamati gli accademici della scuola di Posillipo, il luogo dove abitavano per essere più vicini ai forestieri.
Castel dell’Ovo dalla spiaggia, di Anton Sminck van Pitloo
La pittura di paesaggio era considerata un genere minore ma, proprio per questa ragione, poteva godere di una maggiore libertà ed era più aggiornata delle nuove tendenze europee. Proprio la Scuola di Posillipo sarà influenzata da pittori quali William Turner, Camille Corot, rappresentante della Scuola di Barbizon.
La Scuola di Posillipo influenza notevolmente la pittura napoletana di inizio Novecento, limitandosi però talora ad un vedutismo locale e ad un pittoricismo di facile fruizione, pur in presenza di pittori di altissimo profilo tecnico ed artistico quali Antonio Asturi, Gaetano Bocchetti, Giovanni Brancaccio, Antonio Bresciani, Ezolino Brinarte, Alberto Carignani, Vincenzo Ciardo, Francesco De Nicola, Saverio Gatto, Clemente Tafuri, Carlo Verdecchia, Gennaro Villani. Di cui si evincono un gruppo di artisti napoletani, tra i quali Eugenio Viti, Edgardo Curcio e Gennaro Villani, che, contro la pittura accademica di quegli anni, ufficiale, danno vita alla cosidetta Secessione dei ventisette. Si sviluppa un Futurismo di corrente napoletana e sempre in tale contesto artistico la Transavanguardia. Questa pittura contrasta la tipologia accademica del chiaroscuro e della prospettiva, rifiuta i temi mitologici alla Morelli, si rivolge con occhio attento alle esperienzeimpressioniste e postimpressioniste d’ oltralpe. Si sviluppa anche il filone artistico degli Ostinati, vicini alle esperienze artistiche dei pittori del Novecento e quello dei pittori del Quartiere latino, identificati con uno stile di vita bohemienne; si evidenzia l’arte pittorica di Mario Cartiello, considerato lo Chagall napoletano.
La Scuola di Posillipo sviluppò a Napoli e nella provincia in tono minore le nuove identità pittoriche d’ oltralpe: l’ Impressionismo , il Postimpressionismo , il Futurismo; tutte tecniche pittoriche che contrastavano i dettami delle accademie.
Il pittore William Turner influenzò per primo gli artisti napoletani quando soggiornò nella città; egli aveva abbandonato gli ideali classici per dipingere con la luce. Anche il pittore Camille Corot, realista, non scuriva i toni delle scene all’aperto, ma aggiungeva il bianco ai colori per far risaltare la scena e registrarne la sensazione visiva: “non perdete la prima impressione che vi ha colpito”, diceva.
Gli impressionisti furono gli artisti della pittura fuori dello studio, all’ aria aperta. Essi dipingevano le impressioni della luce ai loro occhi, lontani dalla pittura soffocata dalle regole accademiche. Le immagini dei loro quadri venivano create solo attraverso le pennellate di colore, senza linee distinte o, addirittura, con tecniche a puntini per definire le immagini.
Manet sfidava tutte le intemperie del tempo per trovare la luce naturale che desiderava; Cezanne diceva che la luce del sole così intensa, gli mostrava le forme non bianche o nere, ma azzurre, rosse, marroni e violette.
Il Postimpressionismo che influenzò i pittori napoletani corrisponde al periodo successivo agli anni Ottanta dell’Ottocento e si identifica con una pittura meno tesa a riprodurre la natura, ma orientata a temi più intellettuali.
Questa corrente pittorica innovativa chiamata la La Scuola di Posillipo, esordì inizialmente con il vedutista olandese Van Pitloo residente a Napoli, che amava dipingere all’aperto e che realizzò un atelier presso il quale si formarono giovani artisti; ma, accanto agli alunni, si svilupparono dei fiancheggiatori, che erano dei gruppi familiari: I Carelli, i Witting, i Fergola, i Gigante e proprio Giacinto Gigante proseguì la pittura
del Pitloo, realizzando quei magnifici acquerelli dai colori morbidi, che rappresentano Posillipo, Amalfi, Capri, Caserta, il Vesuvio, con un taglio quasi fotografico.
Interessante l’aspetto minore della corrente pittorica che si sviluppò nel napoletano nella seconda metà dell’Ottocento; i signori del tempo amavano circondarsi di artisti che luoghi campestri , le popolane in costiera, le pastorelle con il gregge, figure femminili dai colori vivaci, dame che passeggiano, covoni estivi all’uso impressionista. Tra questi , Eduardo Dalbono, Francesco De Nicola, Luigi Fabron.
Dalbono era specializzato nelle Marine napoletane; Francesco Capuano nella pittura di paesaggio; Luigi Fabron, allievo di Domenico Morelli, trasferitosi a Napoli da Torino, esordì nel 1837, lavorò nella chiesa di S. Domenico Soriano a Napoli; decorò con graffiti l’esterno del Palazzo di Filippo Buchy, proprietario della fabbrica dei filati a Sarno, dipinse una contadina sarnese nel 1887. Molte delle sue opere sono andate perdute, alcuni ritratti sono nella Galleria dell’Accademia, altri sono proprietà del Banco di Napoli; infine ricordiamo Francesco De Nicola, pittore di grande genialità, le cui opere sono ancora molto apprezzate.
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"La scuola di
Resina nella collezione d'arte della Provincia di Napoli e da
raccolte pubbliche e private!" - Mostra
in corso dal 19 dicembre 2012 al 30 giugno 2013
Napoli, Pio Monte della Misericordia
Napoli, Pio Monte della Misericordia
La mostra ricostruisce una delle più
felici esperienze artistiche della pittura di paesaggio napoletano
dell’Ottocento. L’esposizione intende offrire all’attenzione del grande
pubblico il sodalizio che nasce a Resina nel 1866 e che si affianca
all’altro grande movimento della “Scuola di Posillipo". I protagonisti, Marco de Gregorio, Federico Rossano, Giuseppe de Nittis e
il toscano Adriano Cecioni intendono scrutare il paesaggio,
rigorosamente dal vero, facendo emergere la dimensione del nostro
immenso territorio rurale, con la ricchezza o la miseria dei suoi borghi
e delle contrade, puntando l’osservazione sulle attività della vita
quotidiana fatta di abitudini e costumi, osservando piccoli centri e
isolati sobborghi ma anche comunità attive nelle vicinanze del mare. La
mostra è posta all’interno del percorso di visita al Pio Monte della
Misericordia, con la Chiesa e l’appartamento storico della Quadreria,
che custodisce una delle più importanti raccolte private italiane aperte
al pubblico, con capolavori di Caravaggio, Battistello, Giordano, De
Mura, Ribera, Stanzione e altre opere dal Cinquecento all’Ottocento.
ORARI DI APERTURA DEL COMPLESSO: TUTTI I GIORNI 9.00 - 14.00 (mercoledì chiuso)
Aperture straordinarie: 24, 25, 26, 31 dicembre 2012, 1 e 6 gennaio 2013.
Per info e prenotazioni:
http://www.piomontedellamisericordia.it/
segreteria@piomontedellamisericordia.it
Via dei Tribunali, 253 - Napoli
tel. 0039 (0)81 44 69 44 / 73 – fax 0039 (0)81445517
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NAPOLI - DAL 17 NOVEMBRE AL 17 DICEMBRE 2012
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Capodimonte, ecco la nuova sezione dedicata all'Ottocento
Era il cosiddetto “piano matto” della reggia-museo di Capodimonte, quello, per inciso, che ospitava gli ambienti privati della corte. Da venerdì 14 dicembre aprirà al pubblico con una nuova sezione, dedicata all’Ottocento napoletano. Una collezione permanente di oltre duecento opere, tra dipinti, sculture, oggetti d’arredo e tendaggi, nelle sette sale dell’appartamento che fu di Ferdinando I di Borbone e dei cadetti dei Duchi d’Aosta dopo l’unità d’Italia. L’intervento di recupero ha ripristinato la volumetria originaria dell’ambiente, mantenendo intatto il fascino ottocentesco di uno studiolo regale, collegato agli ambienti di rappresentanza di palazzo da un’elegante scalinata esagonale neoclassica. Alle pareti, dipinti con paesaggi della Scuola di Posillipo e di Resina, acquerelli sui “Siti reali” borbonici e opere di personalità di spicco come Domenico Morelli, Gioacchino Toma e Filippo Palazzi. Esposto anche il celebre “Bozzetto per il centrotavola”, che Vincenzo Gemito stava eseguendo su commissione di Umberto di Savoia, poco prima che fosse colto dal forte esaurimento che lo tenne in casa per i successivi vent’anni. La penultima sala custodisce inoltre arredamenti provenienti dalla Reggia di Portici, un tempo appartenuti alla regina Carolina. L’allestimento dell’area, ideato dall’ex soprintendente al Polo museale di Napoli Nicola Spinosa e avviato con Lorenza Mochi Onori, si conclude con l’attuale direzione di Fabrizio Vona. Il museo è aperto ogni giorno tranne il venerdì dalle 8.30 alle 19.30 (ingresso 7.50, info 081 2294478).
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Dipingere la luce - Tendenze del naturalismo nella pittura italiana dell'800. Per la mostra sono stati selezionati 25 dipinti che esemplificano in modo compiuto le tendenze del naturalismo nella pittura italiana tra la seconda meta' dell'Ottocento e i primi del Novecento. A cura di Enzo Savoia.
Dopo lo straordinario successo della mostra Vita a Venezia. Colore e sentimento nella pittura veneta dell’800, che in un mese ha contato oltre duemila visitatori, la Galleria Bottegantica di Bologna rinnova al pubblico l’invito a visitare la nuova sede espositiva in via Manzoni a Milano, con una nuova rassegna dal titolo Dipingere la luce. Tendenze del naturalismo nella pittura italiana dell’800, a cura del suo direttore Enzo Savoia. In mostra, dal 15 aprile al 2 luglio, opere dei più noti maestri dell’Ottocento italiano: Leonardo Bazzaro, Mosè Bianchi, Giovanni Boldini, Ulisse Caputo, Giuseppe Casciaro, Luigi Conconi, Fabio Fabbi, Giovanni Fattori, Arnaldo Ferraguti, Achille Formis Befani, Eugenio Gignous, Pio Joris, Vincenzo Irolli, Pompeo Mariani, Filippo Palizzi, Alberto Pasini, Silvio Poma, Attilio Pratella, Daniele Ranzoni, Federico Rossano, Giulio Aristide Sartorio, Pietro Scoppetta, Telemaco Signorini, Aurelio Tiratelli, Achille Tominetti, Francesco Vinea. Per l’occasione sono stati selezionati 25 dipinti di notevole bellezza che esemplificano in modo compiuto le tendenze del naturalismo nella pittura italiana tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. Esempi sono il suggestivo Effetti di luce a Riomaggiore di Telemaco Signorini; la raffinata composizione del Parco di Monza di Pompeo Mariani; gli accesi cromatismi del Venditore ambulante a Costantinopoli e Cavalieri nel cortile di Alberto Pasini; la dolce solarità di Gignese di Mosè Bianchi e del Menestrello di Francesco Vinea; il seducente dinamismo del Nudo di donna dai capelli rossi di Giovanni Boldini; il suggestivo silenzio evocato da La rosa bianca di Giuseppe Casciaro; fino ai variopinti Napoli vista dall’alto di Attilio Pratella e La moglie dell’artista sulla terrazza di Posillipo di Vincenzo Irolli. La mostra si articola intorno al tema fondamentale del “dipingere la luce” su cui molti artisti italiani del secondo Ottocento fondarono la loro personale ricerca pittorica. Lo studio della luce, unito a quello del colore, ha caratterizzato, infatti, il movimento dei macchiaioli, della scapigliatura, gli artisti attivi in quegli stessi anni in Francia, come pure quelli di scuola romana e napoletana.
Immagine: Giovanni Fattori, Cavalleggeri, 1900. Olio su tavola cm. 20,6 x 33,3
Ufficio Stampa: Ku.Ra Comunicazione, Rosi Fontana
T. +39 0509711343 – Fax +39 0509711317 e-mail: info@rosifontana.it Inaugurazione 15 aprile 2010 - Bottegantica
via Manzoni, 45 Milano- Apertura al pubblico: martedì - sabato 10-13, 15-19
Giorno di chiusura: domenica e lunedi - Ingresso gratuito
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La pittura napoletana dell'800
TRA INNOVAZIONE E INTERNAZIONALITA’
1 - 10 ottobre 2010, Palazzo Venezia - Roma
23 ottobre - 23 dicembre 2010, Galleria Bottegantica - Milano
TRA INNOVAZIONE E INTERNAZIONALITA’
1 - 10 ottobre 2010, Palazzo Venezia - Roma
23 ottobre - 23 dicembre 2010, Galleria Bottegantica - Milano
Galleria Bottegantica
si mette in mostra dando sfoggio delle sue opere con una
preziosa e puntuale esposizione sulla pittura d'Ottocento italiana
questa volta incentrata sui protagonisti del "realismo" napoletano.
Una trentina di opere ospitate dal 23 ottobre al 23 dicembre 2010 nelle
sale della sede milanese inaugurata a febbraio di quest'anno in Via
Manzoni 45 in pieno centro a Milano che si potranno osservare in
anteprima in occasione della Biennale Internazionale di Antiquariato di
Roma dal 1 al 10 ottobre 2010. Come da tradizione Bottegantica (fondata nel
1986 a Bologna) punta a valorizzare la grande pittura italiana
ottocentesca. Con questa mostra intende ripercorrere le tappe
fondamentali di quella feconda stagione dell'arte nostrana che vide artisti "napoletani"
(abruzzesi, pugliesi, calabresi, campani e siciliani) concorrere con
toscani e lombardi, piemontesi e veneti alla maturazione e allo sviluppo
di una pittura del "vero".
Tra innovazione...
Una vicenda intensa che, dopo la stagione del paesaggismo "romantico" spinse a Napoli a tentare vie più idonee alla formulazione di un linguaggio comune, unitario e nazionale. Un linguaggio capace soprattutto di esprimere e tradurre in immagine, con immediatezza e forte senso d’attualità, nuove ansie di libertà del fare artistico e nuovi bisogni di verità e concretezza nell’esprimersi e comunicare.
Come ha scritto Luigi Chirtani già un secolo fa "I Napoletani sono gli artisti più moderni del nostro tempo, sono forse i soli, interamente originali". In scena opere che spaziano da Filippo Palizzi, che si dedicò con instancabile amore ai soggetti di una realtà rustica e umile, resa con felice immediatezza per mezzo di una pennellata rapida e sapiente, ai pittori della "Scuola di Resina" o "Repubblica dei Portici" secondo la definizione ironica di Domenico Morelli: Federico Rossano e Giuseppe De Nittis in primis, radunatisi nei primi anni Sessanta a Portici per tentare un’esperienza comune di pittura di paesaggio, con il dichiarato scopo di recuperare i valori della veduta nella sua essenza quotidiana, opponendosi sia alla retorica del Romanticismo di Morelli, sia al micrografico verismo di Filippo Palizzi.
Come spiega Diego Martelli"(Cecioni)
fatta lega con Marco De Gregorio, Giuseppe De Nittis e Federico Rossano,
costituì con essi una camerata di radicali in arte, che nessuna
autorità riconoscendo, disprezzando tutto quanto poteva procurar loro
benessere, con le concessioni fatte alla moda, si deliziarono delle
intime soddisfazioni che procura ai veri artisti, in comunione d’idee,
la osservazione attenta della natura, il fantasticare quotidiano e
continuo su tutti gli effetti e su tutte le forme dell’avvicendarsi
continuo delle immagini della vita".
... e internazionalità
Oltre
a sottolineare gli aspetti "innovativi" della pittura napoletana, la
rassegna dedica particolare importanza anche alla sua dimensione internazionale, e in particolare a quel filo diretto che legò Napoli a Parigi,
grazie alla presenza cospicua dei mercanti francesi di passaggio per la
città, che misero sotto contratto molti artisti, invitandoli a
soggiornare per lunghi periodi nella capitale francese. Proprio la
modernità dello spettacolo offerto da Parigi è la chiave di lettura di
molte opere di Giuseppe De Nittis, Federico Rossano, Edoardo Tofano,
Francesco “Lord” Mancini, Pietro Scoppetta e Ulisse Caputo che celebrano
il ritmo veloce della vita nelle piazze e nei nuovi Boulevards di
Haussmann, le corse ippiche a Longchamp, ma anche la bellezza
sofisticata – tanto mondana e contemporanea, quanto ideale e immaginaria
– delle parigine, protagoniste degli anni ruggenti della Belle Epoque. Una sezione della mostra è dedicata pure alla raffinata produzione veneziana di Vincenzo Caprile,
che, al pari di Rubens Santoro, seppe trasmettere la sua totale
ammirazione per la città lagunare, per i suoi monumenti, per i suoi
canali d’acqua, in una serie di vedute caratterizzate da sofisticati
effetti atmosferici e da una condotta pittorica impeccabile L’esposizione
si conclude con un gruppo cospicuo di dipinti di coloro che furono gli
indiscussi cantori della terra e del mare partenopeo: Vincenzo Migliaro,
Giuseppe Casciaro, Attilio Pratella e Vincenzo Irolli, che con la loro
opera traghettarono la pittura napoletana verso il Novecento.
Opere più rappresentative presenti in mostra:
la scenografica Passeggiata davanti Palazzo Ducale
di Vincenzo Caprile, datata 1905, in cui tutta l’atmosfera vibra del
chiarore soffuso del cielo riflesso dalle acque della laguna veneziana;
Alla toeletta, incantevole tela di Ulisse Caputo, che condensa con maestria l’acuta osservazione dell’intimità muliebre con lo studio sottile degli effetti luminosi;
le Sirene moderne, seducente capolavoro di Edoardo Dalbono, datato 1874, dal piacevole soggetto e dall’ampio taglio paesaggistico, risolto con una pittura luminosa, ancora in parte debitrice del verismo maturato a Resina;
l’enigmatico, quanto elegante Prima del ballo di Giuseppe De Nittis, selezionato per la grande mostra dedicata al pittore di Barletta che si terrà entro fine anno al Petit Palais di Parigi;
l’incantevole Bevo la birra di Antonio Mancini, eseguita nel 1888 e documentata in passato nelle prestigiosi collezioni Tessitore, De Angeli, Tesorone, Casciaro e Coppa;
la mondana Caccia alla volpe di Francesco "Lord" Mancini;
Al mare, luminosa tela eseguita nel 1875 da un giovane, ma professionalmente maturo Federico Rossano, dove già sono portati a felice compimento gli insegnamenti appresi alla "Scuola di Resina";
per concludere, infine, con il toccante L’innamorato timido di Francesco Paolo Michetti, straordinario scrutatore di orizzonti remotissimi, capace di far convivere l’Abruzzo e l’Oriente bizantino, le presunte tradizioni popolari con l’altrettanto presunto ieratismo assoluto.
Alla toeletta, incantevole tela di Ulisse Caputo, che condensa con maestria l’acuta osservazione dell’intimità muliebre con lo studio sottile degli effetti luminosi;
le Sirene moderne, seducente capolavoro di Edoardo Dalbono, datato 1874, dal piacevole soggetto e dall’ampio taglio paesaggistico, risolto con una pittura luminosa, ancora in parte debitrice del verismo maturato a Resina;
l’enigmatico, quanto elegante Prima del ballo di Giuseppe De Nittis, selezionato per la grande mostra dedicata al pittore di Barletta che si terrà entro fine anno al Petit Palais di Parigi;
l’incantevole Bevo la birra di Antonio Mancini, eseguita nel 1888 e documentata in passato nelle prestigiosi collezioni Tessitore, De Angeli, Tesorone, Casciaro e Coppa;
la mondana Caccia alla volpe di Francesco "Lord" Mancini;
Al mare, luminosa tela eseguita nel 1875 da un giovane, ma professionalmente maturo Federico Rossano, dove già sono portati a felice compimento gli insegnamenti appresi alla "Scuola di Resina";
per concludere, infine, con il toccante L’innamorato timido di Francesco Paolo Michetti, straordinario scrutatore di orizzonti remotissimi, capace di far convivere l’Abruzzo e l’Oriente bizantino, le presunte tradizioni popolari con l’altrettanto presunto ieratismo assoluto.
INFORMAZIONI UTILI
Titolo: La pittura napoletana dell’Ottocento tra innovazione e internazionalità
Curatore: Enzo Savoia
Sedi e periodo espositivo: Roma, Palazzo Venezia, 1-10 ottobre 2010
Informazioni: Tel .: 02 62695489; 051 331388
Orario: martedì – sabato 10.00-13.00; 15.00-19.00
e-mail: info@bottegantica.com // milano@bottegantica.net
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Cultura. Il genio di Gemito in mostra al museo Pignatelli. - Sarà l´occasione per riscoprire “lo scultore”, ma anche la precisione del suo disegno, e, non senza sorprese, la sua conoscenza di colleghi di respiro internazionale come Boldini e soprattutto come Rodin, che cambiò le sorti della scultura aprendole le porte della contemporaneità. La mostra “Gemito”, a cura di Denise Pagano, a Villa Pignatelli fino al 5 luglio 2009 (orario 9-14, venerdì e sabato 9-20, martedì chiuso. Biglietto 6 euro. Info e prenotazioni 848 800 288), nuova mostra del Polo Museale retto da Nicola Spinosa. Duecento le opere: le sculture, le terrecotte giovanili che lo rivelano precoce talento, ma anche ottanta disegni da raccolte pubbliche e private italiane e straniere e documenti significativi, come le lettere dell´artista e le fotografie da bambino ma soprattutto travestito da conte di Montecristo, o con gli artisti del tempo, Mancini e Casciaro, e immagini che documentano i rapporti dello scultore con la Fonderia Chiurazzi dei Ponti Rossi. E poi un anello firmato Gemito a forma di delfino e le cere, i gessi, i marmi, a testimonianza della sua volontà di sperimentazione a cavallo di due secoli. Una mostra a Palazzo Reale nel ‘53, una al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1989, poi la polvere. E quel cognome che non gli ha giovato, come un lamento del passato. Sarà bene invece guadagnare la passeggiata di Villa Pignatelli, per accorgersi che non di soli pescatorelli – copiati a più non posso – fu costellata la sua carriera; e farlo accompagnati dal vero e proprio saggio biografico che Denise Pagano firma in catalogo. Dal dato biografico, che contribuì alla leggenda – Gemito fu un “esposto”, abbandonato nella ruota dei trovatelli – crebbe in strada come uno scugnizzo, poi approdò alle botteghe. Uno sradicato senza storia, che si riscatta rivoluzionando la forma scultorea con la figura del leone destinato alla statua della Vittoria, colto nell´attimo tragico e violento di strapparsi la lama dalla ferita. Dopo una vita da “Amici miei” con Mancini, viene catturato dalla “cera persa”, tecnica della fusione in bronzo, che impara da Chiurazzi ed esporta a Parigi, dove incontra Rodin: con lui divide la passione per il disegno. Una patologia oscura colpisce Gemito al ritorno a Napoli. Le delusioni, le opere non realizzate secondo il suo progetto gli valgono un crollo emotivo e psicologico. Gemito viene ricoverato per una grave forma di schizofrenia a Villa Fleurant, di fronte al manicomio Leonardo Bianchi. Fugge alla maniera di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e viene rinchiuso in casa propria, “carcerieri” i familiari. Del periodo finale è la ingente produzione grafica, centinaia di ritratti spesso, come era già per gli Impressionisti, realizzati con l´ausilio della fotografia. La fortuna moderna di Gemito comincia con De Chirico, scrive Denise Pagano, prosegue con Manzù, approda ora a una spiegazione possibile sull´inflazione che ha nuociuto alle sue opere: le prove sono nel carteggio tra la figlia Giuseppina e un antiquario di nome Salvatore Cesiano. Fonte: La Repubblica Napoli
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Mostra dedicata all'arte napoletana dell'800 e del '900
LA MEDITERRANEA ARTE
Via Carlo De Cesare 60
80132 Napoli
Mercoledì 11 FEBBRAIO 2010 ORE 18,00
INAUGURA MOSTRA dedicata all'ARTE NAPOLETANA dell'800 e del '900.
Come ogni anno La Mediterranea Arte propone una mostra storica sull'arte napoletana con opere dell'800 e del '900. L'esigenza nasce dall'obiettivo di far conoscere soprattutto alle nuove generazioni taluni artisti di indiscussa qualità che hanno avuto la sfortuna di operare in un territorio che non ha saputo valorizzarli, ancora oggi, nonostante la presenza degli stessi sul mercato nazionale e internazionale. "Da oltre un trentennio-spiega Saverio Ammendola,curatore dell'iniziativa- aspettiamo che la città di Napoli offra una sede per dare una giusta sistemazione alle opere dell'800, quelle relative alla famosa Scuola di Posillipo e quella di Resina, e soprattutto agli artisti della prima metà dell'900 che furono presenti a quasi tutte le Biennali di Venezia, alle Quadriennali Romane e ai maggiori premi dell'epoca i quali paradossalmente sono presenti nelle maggiori pinacoteche del centro e nord Italia .Fa sempre tanta meraviglia notare che qui, nella loro terra d'origine questi artisti riconosciuti dalla critica siano del tutto dimenticati." Saranno presentate per l'occasione tantissime opere selezionate tra cui "Lavandaia a Ravello" di Giacinto Gigante, "Figura" di Michele Cammarano, "La spiaggia della marinella "di Attilio Pratella, "Giocatori di carte " di Vincenzo Migliaro, "Place dell'opera" di Pietro Scoppetta,"Elisa in giallo",di Luigi Crisconio,"Natura morta" di Franco Girosi,"Figura "Interno di famiglia" di Gennaro Villani," Ballerino a riposo" di Emilio Notte. Inoltre da segnalare "Sul balcone" una delle sei opere presentate alla XXIII Biennale di Venezia in una sala personale di Carlo Verdecchia, "Nudi" di Rubens Capaldo, un raro Gaetano Bocchetti,un Mario Cortiello degli anni '20, Carlo Striccoli, Alberto Chiancone. Per riuscire a capire queste composizioni bisogna necessariamente guardare retrospettivamente il "viaggio" di ciascuno nell'arte per connettersi nel dinamismo delle rappresentazioni che riescono a comunicare attraverso il rigore della tecnica una sintesi espressiva capace di particolare raffinatezza e originalità. Le opere degli artisti in mostra, tra i più rappresentativi dell'estetica dell'epoca , hanno lo scopo di riuscire a dare un senso di continuità tra presente e passato. Artisti insorti, ma scomodi, non in grazia di memoria chiamati a preservare il proprio destino, i tabernacoli della propria esistenza, per una continuità di storia.Si ringrazia Anna Lucia Capuozzi per la valida collaborazione nella ricerca delle opere.
Info:081.417413-e-mail:lamediterraneaarte@virgilio.it
Orario:Dal lunedì al venerdi
ore 11,00-13,30 e 17,00-19,30

Riccardo Ferrara (Trani 1863 – Bari 1940) fu uomo di cultura dai molteplici interessi e impegni. Sin da giovane alternò gli studi giuridici e poi la professione di avvocato con le attività di giornalista e di caricaturista in diverse testate della stampa barese. La sua passione per l’arte lo portò a intrecciare rapporti d’amicizia con molti artisti della sua generazione (Cesare Antonelli, Damaso Bianchi, Paolo Emilio Passaro, Ennio Marzano e altri), dai quali acquistò direttamente molti lavori. Altri furono da lui acquisiti in occasione di mostre personali e collettive. Alle opere dei contemporanei si affiancavano quelle che l’avvocato barese acquistava di volta in volta sul mercato antiquario, orientandosi in particolare verso la pittura napoletana dell’Ottocento.
La donazione di Riccardo e Vittorio Ferrara alla Pinacoteca Provinciale di Bari
Con lettera del 25 agosto 1936 l’avvocato Riccardo Ferrara comunicava al Preside della Provincia di Bari, Antonio de Palma, la sua intenzione di donare alla Pinacoteca Provinciale una selezione di dipinti e disegni della sua raccolta, che lo stesso donatore reputava «la parte più pregevole». Alle iniziali settantasette opere il figlio di Ferrara, avvocato Vittorio, nel corso delle trattative volle aggiungere altre tele e disegni di sua proprietà, raggiungendo quindi il totale di centosette opere.
Costituita da 93 dipinti e 14 disegni, prevalentemente di artisti di scuola napoletana e pugliese dall’Ottocento ai primi decenni del Novecento, la raccolta si caratterizza per una singolare eterogeneità, che riflette a pieno i gusti del collezionista: buona parte della collezione si distingue per la presenza di opere dei più rappresentativi pittori dell’epoca. Sono di un certo rilievo i dipinti ottocenteschi di scuola napoletana, con Pitloo, Fergola, Caprile, Michetti e Irolli; il gruppo dei pittori pugliesi, anch’essi di formazione partenopea, è poi ben documentato dalle opere di De Nittis, Netti, Altamura e De Napoli. Degna di nota è infine la rappresentanza dei contemporanei, in particolare Bianchi, Castellaneta, Casciaro, Ciardo.
Pinacoteca Provinciale “Corrado Giaquinto”
Lungomare Nazario Sauro, 27 (IV piano), 70121 Bari
080/5412422 /3/ 6; fax: 080/5588147
pinacotecaprov.bari@tin.it
La Collezione Serpone: Luigi Crisconio e la pittura napoletana dei primi decenni del Novecento - Fino al 01 giugno 2008, al Museo di San Martino di Napoli, saranno presentati dieci dipinti dell artista napoletano, insieme ad un opera di Gaetano Esposito e un inedito di Gioacchino Toma, donati allo Stato nel 1979 dall imprenditore Vincenzo Serpone; le opere testimoniano l interesse del collezionista per la cultura figurativa tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX. Il nucleo dei dipinti presentato in questa occasione, documenta gli esordi di Crisconio e il suo legame con la famiglia dell imprenditore. Diversi ritratti e l interessante Autoritratto con la sigaretta del 1926, illustrano lo stile dell artista che, attraverso la corposa materia pittorica, si avvicina alla ricerca della pittura europea, con un evidente ispirazione a Cezanne. Corredano i dipinti alcune fotografie, dono di Paolo Ricci, compagno di lavoro ed estimatore di Crisconio. Per info, tel: 0812294502 fonte: museo san martino
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Angelo Brando: eredità dell'Impressionismo e nuove elaborazioni artistiche. Una bella mostra di 37 opere in questi giorni a Maratea, sua città
natale, illustra l'originale discorso artistico che il pittore, di
adozione napoletana, traccia nel solco lasciato dall'eredità
impressionista.
Dopo essere stata ospitata a Matera fino al 15 luglio si è spostata a Maratea (il gioco di parole è inevitabile) una bella mostra antologica dedicata ad Angelo Brando, pittore lucano
nato nel 1878 nella splendida cittadina del golfo di Policastro, ma
formatosi artisticamente a Napoli, nel periodo in cui forti erano gli
echi dell'Impressionismo francese, filtrato tuttavia da quei fermenti
italiani che, per esempio, si concretizzarono nel movimento macchiaiolo.
L'esposizione comprende 37 opere di indubbio gusto nella quasi totalità
di proprietà della signora Angelina Mastroluca - unica erede del
raffinato pittore lucano - che custodisce gelosamente un consistente
fondo di opere. Dopo l'esposizione, che prevede anche una tappa a
Potenza fra ottobre e novembre, i quadri andranno a far parte del nucleo
fondativo dell'istituendo Museo del Territorio - Pinacoteca Brando, che sarà allestito a Palazzo De Lieto di Maratea, storico edificio settecentesco, un tempo ospedale e ricovero per la vecchiaia, appena restaurato. Iniziativa questa che dovrebbe essere presa ad esempio da molti piccoli e
grandi centri, soprattutto del meridione in cui spesso i fermenti
culturali, pur vivaci, che si concretizzano nell'opera di pochi
illuminati, rimangono relegati a piccoli episodi di periferia, senza
avere la risonanza che meritano ma soprattutto uno studio sistematico e
puntuale del loro sviluppo. Per contestualizzare, gli episodi dell'arte napoletana del XIX e XX
secolo, che sono ancora in via di sistemazione scientifica, comprendono
anche una serie di realtà satellite, come quella lucana, che proprio
perché periferiche, risentono di un ritardo maggiore nell'elaborazione
di un discorso originale. All'indomani dell'impressionismo e del
post-impressionismo si assiste, in tutta Europa, a una diffusione delle
nuove conquiste linguistiche, di cui si assimilano alcune
caratteristiche esteriori piuttosto che i criteri più o meno scientifici
e tecnici. Non si tratta quindi di vero impressionismo, ma di un
adattamento regionalistico che ogni scuola o singolo artista ha fatto
dell'idea dell'impressionismo che, in particolare, a Napoli trovava una
sua rispondenza nella pittura bozzettistica di ascendenza morelliana, ed
in un discorso artistico in cui coesistono echi simbolisti e
secessionisti di matrice europea. In questo solco si inserisce anche la
figura di Angelo Brando. Come la maggior parte dei giovani meridionali che mostravano attitudini
artistiche, si iscrisse all'Istituto di Belle Arti a Napoli dove compie i
suoi studi sotto la guida di Vincenzo Volpe e Michele Cammarano, cosa
che gli consentì di entrare in rapporto col ricco filone della
tradizione pittorica napoletana fine ottocentesca. Dedicò oltre
trent'anni all'insegnamento del disegno nelle scuole e nel 1919 gli fu
dato incarico di riordinare la Galleria Regionale di Napoli di cui
successivamente fu nominato Conservatore. Le sue scelte artistiche furono orientate verso una tradizione
ottocentesca moderata, declinata in un linguaggio personalissimo,
moderno, memore del profondo sostrato culturale di provenienza ed
addirittura alcuni ricordi della tradizione pittorica italiana del
rinascimento: nei suoi ritratti forti sono i riferimenti alla pittura di
Tiziano, non solo per l'uso dei colori (in particolare dei rossi di cui
troviamo tonalità quasi inaspettate) quanto anche per l'impostazione
compositiva. La pittura pastosa acquista levità nei tocchi rapidi ed
allungati, si esalta nei valori cromatici, emana una luminosità calda,
avvolgente, rasserenante. E ancora nella pittura di soggetto religioso,
che pure realizzò in diverse occasioni, impossibile non notare
riferimenti alla scuola del Seicento bolognese, di cui esempi illustri
erano sotto i suoi occhi, nella Pinacoteca di Capodimonte. La pittura di Angelo Brando ha un che di discreto, una pacatezza che
rispecchia molto l'indole dell'artista, ricordato dai suoi allievi per
una profonda bontà d'animo; l'intimità della famiglia, che fu di
ispirazione palpabile nei suoi quadri, fu il suo rifugio soprattutto
quando iniziò a prevalere l'invadenza e la tracotanza di una certa
pittura avanguardistica. Questi toni non avrebbero mai potuto
coinvolgerlo, né tantomeno rappresentarlo: la sua pittura è intimista,
sobria, composta, non altisonante; passeggiando fra i suoi quadri non si
può fare a meno di avere la sensazione di stare aggirandosi fra le
stanze della sua casa, della sua memoria, fra gli oggetti e le persone
della sua quotidianità.
Angelo Brando - Opere scelte 1895 - 1946. Proposte per un museo
Palazzo De Lieto
Centro storico - Maratea (PZ)
Orario: dal 2 settembre al 31 ottobre 2007 solo su prenotazione da inoltrare al Centro Operativo Misto
Ingresso libero
Per informazioni: telefono 0973.877676 / e-mail: centroperativo@libero.it
Centro storico - Maratea (PZ)
Orario: dal 2 settembre al 31 ottobre 2007 solo su prenotazione da inoltrare al Centro Operativo Misto
Ingresso libero
Per informazioni: telefono 0973.877676 / e-mail: centroperativo@libero.it